Il luogo

Il Casale si trova a 700 m, ai piedi di Montovolo (962 m) nell’Appennino tosco-emiliano e comprende otto ettari di bosco e parte della vecchia Cava dismessa negli anni ’70.

Secondo lo storico Arturo Palmieri, Montovolo con le sue ricche cave dava lavoro agli artigiani della zona, scalpellini e tagliapietre, fin dall’epoca medioevale. Qui i Maestri Comacini, detti “muratori”, originari della Toscana, hanno creato le loro meravigliose opere.

A metà dell’800 le famiglie di scalpellini Vecchi e Mignani si trasferirono da Varignana che si trova a Castel San Pietro Terme, a Montovolo. Infatti l’arenaria di superficie di Varignana, sfruttata per la costruzione degli edifici signorili di Bologna, stava per esaurirsi e a quel tempo, gli enormi rischi e le immense difficoltà nel realizzare scavi in profondità, fornirono l’impulso a ricercare nel territorio altri luoghi dove si potesse estrarre un’arenaria con qualità similari.

Dal 1831 Clemente Vecchi e il figlio Paolo diedero inizio all’estrazione e lavorazione della pietra di Montovolo. A loro nel 1881 si affiancarono anche il fratello di Clemente, Angelo Vecchi, con il figlio Augusto.

Dopo le due guerre mondiali rimase solo Augusto, con i tre figli Antonio, Adriano e Angelo, insieme con il figlio di Paolo, Vittorio.

Altre erano le cave della zona, le cave Mignani e Cattabriga a Orelia, le cave del Monte Vigese, di Cardeda, di Vigo, e altre.

Dal 1831 al 1945 sono andate perdute le tracce sull’attività svolta dalla cava Vecchi di Montovolo, ma da alcune testimonianze pare che abbiano lavorato insieme alle altre nel fornire il pregiato materiale utilizzato per la creazione di decorazioni ed edifici storici, pubblici e privati.

Non tutti sanno che fino al 1945 l’attività delle cave hanno sostenuto l’intera economia del territorio.

Negli anni ’50 rimase unicamente la cava Vecchi mentre le altre dapprima si riunirono in cooperative poi scomparvero per l’avvento dei nuovi materiali edili, laterizio e cemento.

Morto Augusto Vecchi nel 1952, la cava fu gestita dai tre figli. Adriano e Angelo erano due abili scalpellini, mentre Antonio curava la parte commerciale e Vittorio era un esperto minatore.

Con la morte dei tre fratelli rimasero solo Vittorio e Francesco Vecchi. Quest’ultimo chiuse la cava nel 1976.

La famiglia Vecchi ricevette nel 1974 la Medaglia D’Oro dalla Camera di Commercio, Industria, Agricoltura e Artigianato per aver condotto un’attività produttiva, a sostegno del lavoro e dell’economia, di 143  anni senza interruzioni.

Ancora oggi sopra al Casale, nei pressi dell’antica cava Vecchi, si trovano alcuni piccoli vagoni in ferro con ruote su rotaie. Risalgono al 1909, quando venne inaugurata la teleferica che collegava le cave con la canonica di Riola.

All’epoca i vagoni carichi di pietre venivano fatti scendere in paese in soli 12 minuti.

L’impianto si estendeva per oltre 2 km con un dislivello di 200 metri e naturalmente funzionava senza alcun motore.

Il congegno faceva in modo che i carrelli in discesa, pieni di blocchi di arenaria, provocassero la risalita di quelli vuoti.

Prima della teleferica (filovia), i carichi di pietre venivano trascinati su zatteroni trainati dai buoi.

(tratto dalla conferenza di Maurizio Nicoletti, tenutasi a Villa Mingarelli a Grizzana Morandi nell’agosto del 2018, dal titolo “Le cave di Montovolo”).

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Alcune delle costruzioni edificate con la pietra di Montovolo sono:

il Palazzo Comunale “Capitani della Montagna” di Vergato, il Palazzo Comunale di Porretta Terme, di Castel d”Aiano, di Camugnano, di Gaggio Montano;

il Palazzo Malvezzi di Castel De’ Britti;

la stazione ferroviaria di Prato;

il Palazzo Calderini della famiglia Sforza di Imola;

il Palazzo del Governo di Bologna, ora Questura;

lo zoccolo e le colonne del Monumento al Carducci di Bologna;

Parti delle Torri con Orologio in P.zza Maggiore a Bologna;

le colonne di sostegno dei portici in via S. Isaia a Bologna;

diversi ponti provinciali e ferroviari come ad esempio quello di Verzuno e di Riola;

le tombe di famiglia;

la platea della Chiusa sul Reno di Casalecchio;

la Chiesa di San Giovanni Battista di Casalecchio;

la Chiesa di Marzabotto;

la Chiesa e il Campanile di Vergato;

la Chiesa di Castelnuovo;


Il Mausoleo di Guglielmo Marconi a Pontecchio;

la cupola interna della Chiesa in via Mascarella a Bologna;


il Balcone della caserma Davia ( poi via Mameli) di BO, ricavato da un unico blocco di 70 q.li;


gran parte della Rocchetta Mattei;


moltissime opere pubbliche realizzate dall’Ex Genio Civile per la ricostruzione dei danni della 2a guerra mondiale;

le pavimentazioni dei piani caricatori delle stazioni ferroviarie, tra cui quelli di Riola e Vergato.

Montovolo, insieme a Monte Vigese, è compreso nel Parco provinciale di Montovolo-Vigese, un’area protetta che si estende per circa 34 ettari. Il Parco è stato istituito nel 1972 e conserva molte specie animali e vegetali, come il carpino nero e il castagno, e numerosi monumenti a valenza storico-artistico-culturale.

Il nome del monte deriva dalla forma massiccia e tondeggiande che ricorda quella dell’uovo.

Situato nel territorio del Comune di Grizzana Morandi, Montovolo si eleva sulla vallata destra del fiume Reno. Nelle sue rocce sedimentarie si ritrovano talvolta i resti fossili di conchiglie e stelle marine, quali tracce di un’antica presenza.

Inoltre, Montovolo ospita il Santuario di Santa Maria della Consolazione, che si trova a 912 m ed è raggiungibile da Campolo.

Il Santuario della Beata Vergine della Consolazione risale al XIII secolo, quando venne ricostruito dalle rovine di una chiesa del 1054, distrutta dai Ghibellini nel 1240.

Tutt’oggi è visibile parte della vecchia chiesa, le absidi, le monofore, i capitelli, mentre  gli affreschi devozionali che risalgono al 1400. Sul campanile si trova ancora l’antica meridiana funzionante.

Nei pressi della sommità di Montovolo si trova l’Oratorio di Santa Caterina di Alessandria, che risale al XIII secolo. All’interno sono conservati gli affreschi quattrocenteschi raffiguranti la Santa, la Crocefissione e il Giudizio Universale. Le opere sono state realizzate dai pittori toscani dell’epoca.